Gabinetto Fotografico Nazionale
La storia del GFN
1895: Giovanni Gargiolli e la nascita del Gabinetto Fotografico
La nascita del GFN è legata alla figura di Giovanni Gargiolli (Fivizzano 1839 – Roma 1913), convinto promotore della sua istituzione nonché suo primo direttore.
Ingegnere, architetto, fotografo e inventore di apparecchiature fotografiche, nel 1888 egli fondò insieme ad altri aristocratici, l’Associazione degli amatori di fotografia, la prima del genere in Italia.
Protagonista dunque del circolo culturale che si muoveva attorno alla fotografia, nel 1890 Gargiolli ipotizzò la creazione di un laboratorio dedicato alla documentazione fotografica del patrimonio artistico nazionale.
La proposta si inseriva nel più ampio dibattito che vedeva politici e intellettuali, all’indomani dell’Unità d’Italia (1870), confrontarsi sugli elementi da privilegiare per dare coesione a un Paese tutt’altro che omogeneo. In questo senso il patrimonio culturale, sparso su tutto il territorio, venne da subito riconosciuto come un fattore fortemente identitario, in grado di cementare il senso di appartenenza e di connessione culturale. La documentazione dei beni artistici si configurava dunque non solo come un’azione preventiva alla tutela ma come un’esigenza politicamente strategica.
Nel 1893 Gargiolli ottenne la direzione del laboratorio di fotoincisione istituito presso la Regia Calcografia a Roma, ma la sua convivenza con i calcografi “armati di bulino”, legati alle vecchie tecniche di riproduzione si rivelò problematica e, quando il laboratorio fu soppresso, a Gargiolli fu affidato l’incarico di eseguire fotografie per l’Ufficio tecnico dei Monumenti di Roma.
E’ il 1895: è l’atto di nascita del Gabinetto fotografico (a cui però fu data forma giuridica solo nel 1913 con il Regio Decreto 1139 del 15 agosto) istituito a Via in Miranda n. 5, dove rimarrà fino al 1990.
Le campagne fotografiche e le prime acquisizioni
L’attività del Gabinetto fu da subito intensa: alle dipendenze della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti (guidata da studiosi illustri come Corrado Ricci e Giacomo Boni) e in collaborazione con studiosi di fama quali Pietro Toesca e Adolfo Venturi, l’ufficio realizzò campagne fotografiche in tutta Italia, provvedendo anche, secondo una prassi rimasta immutata fino a oggi, alla commercializzazione delle immagini (il primo catalogo è del 1903-1904).
Oltre alla produzione interna al laboratorio, nel 1906 Gargiolli diede avvio a una lungimirante politica di acquisti che portò all’acquisizione di fondi e collezioni di grande prestigio, come i calotipi di Tuminello e il fondo Cugnoni.
Gli anni di Carboni e l’ingerenza del Regime
Nel 1913, alla morte del suo fondatore, il Gabinetto Fotografico aveva in catalogo circa 20.000 lastre fotografiche.
Il più stretto collaboratore di Gargiolli, Carlo Carboni, lo sostituì alla direzione, continuandone l’attività per circa 20 anni e dotando il laboratorio di un maggior numero di fotografi. Durante la sua direzione Carboni si trovò a fronteggiare una delle fasi più critiche nella storia del Gabinetto Fotografico (che dal 1923 aveva assunto la denominazione di “Nazionale”): in epoca fascista esso subì, come ogni altra istituzione culturale, l’ingerenza del Regime che intravide in quel notevole patrimonio di immagini uno straordinario potenziale: nel 1928 le collezioni passarono sotto la gestione dell’istituto L.U.C.E (organo di propaganda del regime) che se ne appropriò per i propri scopi. A poco valsero le rimostranze di Carboni che, estromesso nel 1932, venne sostituito da Luigi Serra.
Per tutto il ventennio fascista l’archivio fu dunque gestito dall’Istituto LUCE ma l’8 agosto del ’43, all’indomani del crollo del regime, il nuovo direttore Bito Coppola, riuscì a riportare le collezioni in sede, comprese le fotografie stampate dall’istituto LUCE da negativi inediti.
Ricerca e studio nel dopoguerra
Nel dopoguerra il GFN riprese la sua attività sotto la direzione di storici dell’arte illustri come Carlo Bertelli che, dal 1962 al 1973, portò avanti la capillare documentazione del patrimonio provvedendo altresì all’acquisizione di archivi di fotografi come Francesco Chigi, Mario Nunes Vais e Luciano Morpurgo.
La direzione di Bertelli segnò un momento di forte impulso per lo studio della fotografia, alla quale venne finalmente riconosciuto il suo valore culturale autonomo. Furono anni di approfondimento e ricerca, che videro molti studiosi (Federico Zeri, Marina Miraglia e altri) dedicarsi all’analisi dei fondi dell’Istituto.
Nel 1958 viene fondata, come sezione distaccata del GFN, la Aerofototeca Nazionale, con sede all’Eur.
L’istituzione dell’ICCD
Gli anni ’70 segnano un periodo di cambiamento nell’assetto organizzativo dell’istituto: nel 1973 del GFN viene unificato all’Ufficio centrale del catalogo e all’Archivio fotografico della Direzione generale Antichità e Belle Arti; alla direzione del nuovo organismo viene nominato Oreste Ferrari. Nel 1975, a seguito dell’istituzione del Ministero per i beni culturali e ambientali, nasce l’attuale Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD): il GFN perde la sua individualità e sparisce la denominazione storica: viene così meno una struttura, specifica e nazionale, dedicata alla fotografia. I vari servizi, laboratori e archivi del neonato ICCD si riuniscono nella nuova sede del Complesso Monumentale del San Michele, sul Lungo Tevere: il Laboratorio fotografico lascia la sede storica di via in Miranda nel 1990, l’Aerofototeca lascia quella dell’Eur nel 2000.
La nuova istituzione tuttavia non interrompe l’attività del GFN e da esso eredita, tra le altre cose, l’autonomia amministrativa e contabile, dote fondamentale e allora molto rara tra le strutture ministeriali. Proprio questa autonomia permette l’acquisizione di collezioni importanti, come quella di Piero Becchetti o i fondi di Le Lieure, Beccarini e Lattanzi.
La fotografia come Bene Culturale
Alla fine degli anni ’90 assume grande importanza lo studio per l’elaborazione della normativa di catalogazione per i beni fotografici svolta dall’ICCD in collaborazione con i più accreditati studiosi italiani. Il risultato, la “Scheda F”, è uno strumento di indagine raffinato, che consente la catalogazione scientifica, e sanziona finalmente il riconoscimento del valore della fotografia come “Bene Culturale” (ribadito dalla normativa più recente e dal “Codice dei beni culturali e del paesaggio” del 2004).
L’attuale assetto
L’accresciuta consapevolezza della rilevanza storica e culturale del patrimonio del GFN ha dato avvio a una riorganizzazione radicale che ha riunificato i materiali conservati in Fototeca con quelli conservati nel Museo/Archivio di fotografia storica, istituito nel 1997. In conseguenza, si è determinato di riassumere la denominazione storica di Gabinetto Fotografico Nazionale, riconoscendo così il valore storico e culturale degli archivi fotografici dell’Istituto.